lunedì 26 settembre 2016

La questione indiana da Colombo ai giorni nostri di Massimiliano Galanti (Per Odoya in libreria dal 6 ottobre 2016)



“La situazione che i popoli indigeni affrontano oggi non è altro che un nuovo requierimento. Si chiede loro di abbandonare la propria integrità culturale e di cessare di esistere come popoli autonomi, oppure di sopportare le discriminazioni, i tormenti e le privazioni che gli sono inflitti proprio perché essi sono popoli autonomi”. “A Pine Ridge, in Sud Dakota, e nella riserva dei Tohono O’odham, in Arizona, l’indice di povertà è cinque volte superiore alla media nazionale. Il tasso di suicidi tra i giovani indiani fra i 15 e i 24 anni è superiore del 200 percento al tasso nazionale per la stessa fascia d’età”. Oggi, trascorsi più di 500 anni dall’inizio della conquista e 125 dall’ultimo grande massacro d’indiani a Wounded Knee, loro, i Native Americans, sono ancora fra noi e continuano a rivendicare le terre rubate e la propria dignità di popoli sovrani.
Una storia che inizia con Colombo, oggi erroneamente commemorato, e si conclude con gli impegni di Obama  per un avvicinamento politico agli abitanti delle riserve. Un libro completissimo di mappe e dati statistici, per storicizzare da un lato e fare il punto della situazione dall'altro, sul rapporto tra occupanti e occupati, negli USA.

Massimiliano Galanti da circa trent’anni si occupa di diritti dei popoli indigeni. Dal 1995 è membro del Comitato direttivo dell’associazione Il Cerchio (Coordinamento nazionale di sostegno ai nativi americani). In questa veste ha partecipato, a Ginevra, nei mesi di luglio 2000 e 2001, ai lavori del Working Group on Indigenous Populations, organismo consultivo delle Nazioni Unite. Partecipa al Comitato 11 Ottobre, che ha promosso una campagna per l’istituzione di una Giornata della memoria del genocidio dei popoli indigeni e per chiedere al Parlamento italiano di ratificare la Convenzione  169. 

venerdì 23 settembre 2016

Alieni in safari, di Caterina Davinio, prefazione di Fancesco Muzzioli, nota di David W. Seaman, con testo inglese a fronte e fotografie (Robin Edizioni). Intervento di Nunzio Festa

"(...) Nell'attimo / sgomento / la fine ovunque, / paziente / e attesa, / spaurì // la ragione / alle prime armi / rotolò via / come una biglia di vetro / sul sentiero di terra battuta / di un bimbo, / nel pomeriggio festoso / di un giorno d'estate, / come le barchette di carta / di Rimbaud. // Allora / decisi di partire." Già da questi versi, che fanno parte del componimento d'apertura di "Alieni in safari", capiamo allo stesso tempo l'intento dell'autrice e il suo linguaggio quindi il suo retroterra; oltre, ovviamente, a percepire come sarà la sua lingua. Seppur sappiam bene del timbro di Caterina Davinio: dal "Libro dell'oppio" (2012), per dire, al più recente "Fatti deprecapibili", del 2015, ma senza scordare, ancora, "Il sofà sui binari". Per Muzzioli, insomma, Davinio in questa nuova opera - che raccoglie liriche del 2010 -: pone con forza il problema del rapporto con l'altro. Perché nonostante l'avanzamento tecnolocigo, "la nostra capacità di rapporto con l'altro non è affatto migliorata, il turista cerca sola la conferma di un'immagine già ricevuta, preconfezionata". E come dargli torto. Oppure in che maniera riuscire a contraddire la stessa poetessa quando prima di farci leggere i suoi versi ci ricorda che gli alieni siamo noi. "Che ci guardiamo intorno e il nostro mondo non lo riconosciamo". Africa, India, Nepal, Sud America. Sono in questo "diario di viaggio". Testimoniato, inoltre, da foto giustamente prive di colori stordenti. Pioniera della poesia digitale, la scrittrice foggiana Caterina Davinio dall'inizio degli anni Novanta ha creato opere di sperimentazione buone a sposare arti visive con video, internet e anche fotografia digitale. Diverse volte, tra le altre cose, è stata ospite della Biennale di Venezia. Vedi quando nel 2009 al Padiglione ha realizzato un'istallazzione virtuale su Second Life. La poesia civile, per Davinio, è fatta di contenuti omaggiati da una forma viva nella nostra modernità.

mercoledì 21 settembre 2016

Il cuoco dell'Inferno di Andrea Biscaro. In libreria per Meridiano Zero dal 30 settembre



A cavallo tra Quattro e Cinquecento Ferrara era una città straordinaria, paragonabile alla New York di oggi per importanza politica, artistica e architettonica. Ludovico Ariosto era poeta di corte (il suo capolavoro quest’anno festeggia i cinquecento anni), la bella Lucrezia Borgia nel 1502 sposò in terze nozze Alfonso I D’Este e l’Addizione Erculea aveva trasformato Ferrara nella città ideale, perfezionando l’urbanistica con maestria e razionalità. Ne fu responsabile l’allievo di Brasavola Biagio Rossetti che tra l’altro concepì e fece costruire Palazzo Diamanti. La più importante corte d’Europa non poteva che richiedere l’eccellenza in cucina. Se ne occupava lo Scalco di corte: Cristoforo da Messisbugo, ovvero uno dei protagonisti di questo romanzo e “master chef” realmente esistito, autore del “cook book” Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale costantemente ristampato fino alla fine del Seicento. Altro punto di forza della città Medievale era l’astrologia, "scienza" che si teneva in gran conto e a cui si attribuivano capacità propiziatorie e di preveggenza. Quali personaggi e ambientazione più accattivanti per un thriller “esoterico” che tiene incollati fino all’ultima pagina? Così, Andrea Biscaro immagina che all’interno delle note bugne di Palazzo Diamanti sia stato inserito un grosso diamante, al fine di catalizzare forze benigne sulla città. Mani malvagie hanno tuttavia spostato la pietra preziosa, aprendo un varco per…l’Inferno stesso! L’artefice della scoperta di questo spostamento è un ambiguo frate, fratello dello Scalco e potente sensitivo. La corte del Duca d’Este (Ercole), che non teme pericoli ben più concreti, sottovaluta gli avvertimenti e espone la città alla strana apocalissi. Lo schiudersi delle porte dell’Inferno è un vero capolavoro di immaginazione: c’è chi, come Ludovico Ariosto, si ritrova in un remoto passato, in cui la regione era tutta acquitrini e invece che camminare verso Palazzo Diamanti si perde in una nebbiosa palude insieme a un demoniaco traghettatore, parente di quello cantato dal suo noto“collega” di Fiesole. Lucrezia Borgia, invece, si ritrova nel peggiore dei futuri: nella Ferrara in mano ai nazisti, di fronte ai quali conserva la dignità nobiliare, anche se scossa da profondissimo terrore. All’architetto Rossetti tocca invece una trappola da contrappasso: girare in tondo in un labirinto senza uscita, un labirinto architettonicamente perfetto. E cosa dire dell’aiuto di Messisbugo, il cuoco Mastro Zafferano, divorato “per colpa del karma” da un cinghiale antropomorfo… La storia è perfettamente bilanciata tra ricostruzione storica impeccabile ed esigenze di una trama scattante. Le ricette riportate non solo descrivono bene l’inventiva culinaria dell’epoca, ma sono anche facilmente riproducibili. A meno che non si tema, con queste preparazioni, il rischio dello scatenarsi dell’Inferno…

Andrea Biscaro è scrittore, cantautore e ghostwriter. Nato a Ferrara, vive all’Isola del Giglio. I suoi libri hanno avuto prefazioni autorevoli: Alda Merini, Erri De Luca, Eraldo Baldini, Roberto Piumini, e hanno parlato di lui personalità quali Gianni Mura, Marinella Venegoni, Sergio Zavoli e Franco Carratori. Ha lavorato per Castelvecchi, Fabbri, Stampa Alternativa, Coccole&Caccole, Squilibri, Safarà, Passepartout, Progedit, MilanoNera, LietoColle, Effigi e Neos. Tra le uscite degli ultimi anni ricordiamo: Illune con prefazione di Eraldo Baldini (Effigi 2011), Nerone. Il fuoco di Roma (Castelvecchi 2011, tascabile Lit 2012, Fabbri 2015), Ballate della notte scura con Tiziano Sclavi (Squilibri 2013).

venerdì 16 settembre 2016

CONFUSIONE - La saga dei Cazalet - Vol. 3 di Elizabeth Jane Howard con la traduzione di Manuela Francescon . In libreria per Fazi



Da oggi in tutte le librerie trovate il terzo capitolo dell'avvincente saga familiare che sta appassionando migliaia di lettori. Dopo Gli anni della leggerezza e Il tempo dell'attesa, Confusione riprende le vicende dei Cazalet dal marzo del 1943, a circa un anno dal punto in cui si erano interrotte sul finale del secondo volume. Archiviata ormai da tempo la leggerezza dei primi anni e terminata finalmente anche la lunga attesa che ne è seguita, assistiamo finalmente all’ingresso nel mondo delle giovani Cazalet. La fine della guerra, ormai prossima, sta per aprire le porte a un mondo nuovo, più moderno e libero.
Il libro - È il 1942: da quando abbiamo salutato i Cazalet per l’ultima volta è trascorso un anno. I raid aerei e il razionamento del cibo sono sempre all’ordine del giorno, eppure qualcosa comincia a smuoversi: per le giovani Cazalet la lunga attesa è finita, e finalmente Louise, Polly e Clary fanno il loro ingresso nel mondo. Quella che le aspetta è una vita nuova, più moderna e con libertà inedite, soprattutto per le donne. Le cugine si avviano su strade disparate, tutte sospese tra la vecchia morale vittoriana del sacrificio e un costume nuovo, più libero, in cui le donne lavorano e vivono la loro vita amorosa e sessuale senza troppe complicazioni. Mentre Louise si imbarca in un matrimonio prestigioso ma claustrofobico, sul quale incombe l’ingombrante presenza della suocera, Polly e Clary lasciano finalmente le mura di Home Place per trasferirsi a Londra e fare i loro primi passi nell’agognata età adulta, che si rivela ingarbugliata ma appagante. Per quanto riguarda il resto del clan, fra nascite, perdite, matrimoni che vanno in frantumi e relazioni clandestine che si moltiplicano, i Cazalet vanno avanti a testa alta e labbra serrate, sognando, insieme ai loro amici e ai loro amanti, la fine della guerra: «il momento in cui sarebbe iniziata una vita nuova, le famiglie si sarebbero ricongiunte, la democrazia avrebbe prevalso e le ingiustizie sociali sarebbero state sanate in blocco». Ormai ci sembra di conoscerli personalmente, e non possiamo che attendere insieme a loro quel momento. Nel frattempo, godiamoci i colpi di scena di Confusione, che ci lasceranno senza fiato.
Elizabeth Jane Howard (Londra, 1923 – Bungay, 2014) Figlia di un ricco mercante di legname e di una ballerina del balletto russo, ebbe un’infanzia infelice a causa della depressione della madre e delle molestie subite dal padre. Donna bellissima e inquieta, ha vissuto al centro della vita culturale londinese della seconda metà del Novecento e ha avuto una vita privata burrascosa, costellata di una schiera di amanti e mariti, fra i quali lo scrittore Kingsley Amis. da sempre amata dal pubblico, solo di recente Howard ha ricevuto il plauso della critica. Scrittrice prolifica, è autrice di quindici romanzi. La saga dei Cazalet è la sua opera di maggior successo, con otto milioni di copie vendute. Fazi editore ha pubblicato il romanzo Il lungo sguardo nel 2014 e i primi due capitoli della saga: Gli anni della leggerezza, nel 2015, e Il tempo dell’attesa, nel 2016. Di prossima pubblicazione i successivi due volumi della serie.

martedì 13 settembre 2016

Piombo su Milano. Il ritorno di Gabriele Sarfatti (NOVECENTO EDITORE)



IL LIBRO DAL 15 SETTEMNRE 2016 IN LIBRERIA  - Nell’inverno milanese, quando la città della Madonnina s’incarognisce ancora di più, un killer sta decimando i rom. La sua allucinata missione in un mondo in cui per lui ci saranno sempre più cattivi che buoni è quella di “truccare un pochino la bilancia”. Per il cecchino sono tutti zingari da far fuori con un solo colpo sparato da un fucile di precisione, come sagome al tiro a segno del luna park. Criminali, imprenditori e politici sono stranamente interessati più che mai all’“emergenza rom”. Un Natale nero in cui l’imbranato cronista di nera Gabriele Sarfatti torna a vestire i panni di un improbabile Marlowe per la sua nuova inchiesta, muovendosi tra la “Presunta Metropoli” fumando, inciampando e bestemmiando ripensando alla sua amata Genova e al “fottuto odore del mare”.

L’incipit - In inverno, se possibile, Milano diventa ancora più cinica e bastarda. La foschia ti scende addosso di colpo, avanzando con bassi fendenti che s’insinuano fra i calanchi di cemento e ne risalgono lentamente le crepe. È la stagione in cui la gente s’adatta a vivere nella nebbia come sott’acqua, in una sorta di bolla marina riempita di echi che nessuno ascolta, dove i pensieri fluidificano e i desideri cattivi sbocciano per finire a svolazzare sui décolleté di coscienze fragili e devastate dallo stress, o più facilmente da cazzate lette su Whatsapp che scambiano per fattori di stress. È la stagione in cui si muore di più, anche: quasi un milanese su due, dicono le statistiche, taglia lo striscione dell’ultimo chilometro tra novembre e febbraio, chissà perché. Ci sono i suicidi, certo, coi loro cliché di picco la notte di Capodanno e la sera di San Valentino, che tirano su la media generale. Ma ci sono pure i morti ammazzati.